MEDICINA – Un avatar ‘risveglia’ e attiva i nervi rimasti intatti dopo l’incidente

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PARAPLEGICI – L’annuncio è stato dato da Miguel Nicolelis, specialista in neuroscienze della Duke University del North Carolina (Usa): alcuni paraplegici, costretti in carrozzina da anni, hanno recuperato la sensibilità e il controllo parziali delle gambe grazie a quello che viene annunciato come un trattamento innovativo di “rieducazione cerebrale e fisica”. L’esito senza precedenti dello studio, condotto dall’equipe di ricercatori guidata da Nicolelis come parte del progetto ‘Walk Again’ a San Paolo del Brasile, è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports e ricorda più le geniali anticipazioni di Philip Dick che gli usuali contesti della ricerca medica.

Gli otto pazienti – sei uomini e due donne – sottoposti al trattamento, paralizzati da tanti anni dalla vita in giù, hanno recuperato parzialmente il senso del tatto, la sensazione del dolore, in alcuni casi il controllo della vescica e qualche movimento dopo un anno di riabilitazione ‘hi-tech’ grazie a quello che Nicolelis ha definito un “interfaccia cervello-macchina” e un collegamento tra loro e un avatar realizzato senza il ricorso a chip, elettrodi o altri stimolatori nel corpo. In sostanza, è come se il loro sistema nervoso sia stato riprogrammato da questa riabilitazione ultratecnologica e i pochi nervi rimasti intatti dopo l’incidente siano riusciti a risvegliarsi e a ricevere gli stimoli del cervello, consentendo il ripristino parziale di funzioni motorie e tattili.

“Non prevedevamo questo risultato clinico sorprendente, quando abbiamo iniziato il progetto – ha detto Nicolelis – . Finora nessuno aveva mai assistito al recupero di queste funzioni in pazienti da tanti anni in condizioni di paralisi completa”, ha spiegato Miguel Nicolelis. I ricercatori sono partiti dallo sviluppo di interfaccia uomo-macchina, ovvero sistemi che captano le onde cerebrali su cui “corrono” pensieri e intenzioni e le traducono in un comando per il pc o per un braccio robotico o per una protesi che aiuti a camminare. Su questa linea, Nicolelis lavora da quasi vent’anni per costruire e perfezionare un sistema in grado di registrare centinaia di segnali simultanei dai neuroni nel cervello, ottenendone comandi motori e traducendoli in movimenti.

Così i ricercatori hanno chiesto ai pazienti di immaginare di muovere le gambe e raccolto i loro segnali neurali. Con i pensieri dei pazienti hanno animato degli avatar che mettevano in atto virtualmente i movimenti immaginati. Inoltre, i pazienti vestivano indumenti con sensori ed altre tecnologie in grado di inviare feedback al paziente stesso. Così, piano piano, grazie probabilmente a nervi spinali rimasti sani e riprogrammati dal training hi-tech, il paziente ha ricominciato ad avvertire sensazioni tattili.

Laddove prima vi era il “silenzio” completo dei sensi, spiega Nicolelis, i pazienti hanno ricominciato a sentire. Ad esempio, i pazienti hanno potuto avvertire la differente sensazione di camminare sulla sabbia o sull’asfalto (tramite il loro avatar). E non è tutto, con gambe robotiche e uso di realtà virtuale, i pazienti sono riusciti a muovere volontariamente alcuni muscoli e camminare.

Molti volontari hanno visto i cambiamenti dopo 7 mesi di allenamento. Dopo un anno, per quattro di loro la sensibilità e il controllo muscolare erano migliorati così significativamente che i medici hanno aggiornato la diagnosi da paralisi completa a parziale. La maggior parte dei pazienti ha visto miglioramenti nel controllo della vescica e dell’intestino, riducendo la dipendenza da lassativi e cateteri. Questo, fanno notare gli esperti, riduce il rischio di infezioni, comuni nei pazienti con paralisi cronica e spesso causa di morte.

Una delle partecipanti, la ‘paziente 1’ è una donna di 32 anni, paralizzata da 13: è quella che ha giovato dei miglioramenti più drammatici. All’inizio della sperimentazione, non era in grado di stare in piedi usando delle stampelle, ma nel corso dello studio è riuscita a camminare con un girello, le stampelle e l’aiuto di un terapeuta. A 13 mesi dall’inizio del test è riuscita a muovere le gambe volontariamente.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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