POLITICA. Michele Petraroia, in merito alla legge di stabilità 2015.
La legge di stabilità per il 2015 può essere migliorata ripristinando e implementando il Fondo per la Non Autosufficienza e il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, in modo tale che non vengano tagliati i servizi sociali essenziali dell’assistenza domiciliare per gli anziani, dei centri diurni socio-riabilitativi, delle strutture residenziali per disabili, e vengano garantiti i trasferimenti per permettere ai comuni di sostenere i nuclei familiari più poveri, gli sfrattati e tutti coloro che necessitano di sostegni. Il bonus bebè può essere finanziato con risorse aggiuntive e non sostitutive delle Politiche Sociali prevedendo una soglia di reddito che eviti distorsioni e diseguaglianze. Sarebbe oltremodo ingiusto erogare 80 euro al mese ad una neo-mamma con un reddito annuo superiore a 40 mila euro tagliando i fondi per i rimborsi alle cure dei trapiantati, per la morosità incolpevole o per acquistare i farmaci di fascia C. Inoltre nella manovra economica per il 2015 bisognerebbe inserire dei correttivi nel riparto dei trasferimenti nazionali in favore del Mezzogiorno per consentire ai territori maggiormente in difficoltà di non essere penalizzati nell’erogazione dei servizi pubblici, nella dotazione infrastrutturale di base e nei trend di sviluppo locale. Fare parti uguali tra diseguali è sbagliato perché aiuta le regioni più ricche a scapito delle aree svantaggiate a rischio di desertificazione sociale e industriale come attestano le statistiche dello SVIMEZ. Infine nella legge di stabilità occorre potenziare le misure per favorire la creazione di nuovi posti di lavoro da orientare in via prioritaria alla fascia d’età più critica che è quella tra i 35 ed i 55 anni quando maggiore è l’esposizione della famiglia per il carico sociale connesso con gli studi dei figli, il mutuo della casa o il pagamento del fitto. Su questi tre assi occorre intervenire in Parlamento per migliorare la manovra finanziaria sostituendo inoltre parte dei tagli ai comuni e alle regioni con tagli ai ministeri e alle strutture centrali statali. Se si confermano le riduzioni nei trasferimenti ai territori si determinerà la soppressione di servizi pubblici, la perdita di altri posti di lavoro e l’aumento obbligatorio delle imposte locali. Più in generale non si esce dalla crisi inasprendo lo scontro col sindacato e umiliando le regioni ed i comuni. La democrazia regge sul presupposto di una legittimazione dei corpi sociali intermedi, della rappresentanza sociale e delle amministrazioni pubbliche ad ogni livello. L’Italia non ha bisogno di uomini soli al comando!
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