POZZILLI – Il viaggio “tra la vita e la morte” di Ferdinando Biello nella sanità molisana

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POZZILLI – Il resoconto del suo “viaggio tra la vita e la morte nella Sanità Molisana”, il 65enne Ferdinando Biello (Carabiniere in pensione) lo “indirizza” al direttore generale dell’Asrem, Angelo Percopo, al pronto soccorso del “Veneziale” di Isernia e al direttore dei reparti di Cardiologia degli ospedali “Cardarelli” e “Veneziale” (Campobasso e Isernia), Francesco Versaci, unitamente a tutto l’efficiente personale di tali reparti. Un “viaggio” con qualche “ombra”, ma anche con tante “luci”, alla fine del quale Ferdinando ha avuto salva la vita. Unico “neo”, la “disavventura” iniziale al punto di primo soccorso dell’ormai ex ospedale “Santissimo Rosario” di Venafro.

Il giorno 29/10/2014, insieme a mia moglie ed una parente , con la mia autovettura , ci siamo recati in Cassino per una visita specialistica . Alle ore 17,40 circa, terminata la visita, sempre con la mia autovettura ho iniziato il viaggio di ritorno per Pozzilli ove vivo con la mia famiglia. Durante il percorso ho avvertito forti dolori al petto che man mano diventavano sempre meno tollerabili, con piccole sudorazioni. Giunto all’altezza del Pronto soccorso dell’Ospedale Civile “SS Rosario” di Venafro, mi sono accorto che non riuscivo più ad essere lucido per la guida e per tanto sono entrato  in detto nosocomio e quindi al Pronto Soccorso. Appena entrato, alla Dottoressa presente insieme ad altra donna, credo una infermiera,  ho spiegato il mio problema. L’infermiera mi ha fatto allungare su un lettino e mi ha sottoposto ad un primo ECG. Visionato dalla Dott.ssa,  entrambe si sono scambiate uno sguardo, successivamente un secondo  e poi un terzo. Impaurito ho chiesto loro quali erano i risultati e l’infermiera mi ha detto che il primo ECG non era buono. Intanto il dolore era sempre più forte e la dott.ssa mi ha informato che in Ospedale non vi era un cardiologo e che sarei dovuto andare ad Isernia, dove avrei trovato un Reparto di Cardiologia e che comunque non poteva farmi trasportare da una loro ambulanza. Visto ciò, non potendo continuare a guidare, ho provveduto a farmi raggiungere dai miei figli al fine di essere trasportato presso il Pronto Soccorso di Isernia. Con  autovettura privata ho raggiunto il Pronto Soccorso di Isernia, dove subito mi hanno sottoposto ad un ECG, successivamente si sono avvicendati medici che non conoscevo e sono stato trasportato in Reparto Cardiologico. Qui ho chiesto al medico che mi stava vicino cosa mi era successo e cosa mi stessero facendo ed uno di questi, molto gentile, mi ha spiegato che avevo un’arteria occlusa e che avrebbero tentato di aprirla con i farmaci. Ricordo che un medico unitamente ad un infermiere mi stava sempre vicino  e mi chiedeva se il dolore si alleviava, cosa che purtroppo non accadeva.  Mi sono accorto che le mie condizioni erano veramente gravi e che nonostante il massimo impegno di questi medici, le cose non miglioravano. Uno di questi si avvicinò e mi disse: “Adesso la trasferiamo a Campobasso”. Infatti poco dopo mi hanno condotto su un’ambulanza con a bordo medico,  infermiera ed  anestesista  ed abbiamo intrapreso  il viaggio per l’Ospedale Cardarelli di Campobasso. Lungo il tragitto mi sono accorto che l’ambulanza viaggiava  a velocità sostenuta ed il medico che era seduto al mio capezzale, insieme all’infermiera mi parlava sempre, cercando di rassicurarmi sia sul mio malore che sul modo di guidare dell’autista. Poco dopo mi fu detto: “Siamo arrivati”. In Ospedale  fui condotto, credo, in un reparto per interventi. Qui mi si avvicinò un signore molto gentile con camice  verde  che si presentò qualificandosi come il professore Versaci, Primario del Reparto di Cardiologia. Mi trasferirono da un lettino ad un altro in  presenza di altro personale. In particolare ricordo la presenza di una bella Signora, credo dottoressa, con i capelli lunghi e dai modi gentili, un  Signore, penso anche lui  medico, che con modi garbati mi rassicurava su ciò che si doveva fare ed un giovane con la barba, il quale faceva ciò che il professore gli chiedeva. Impaurito, ho chiesto al professore se potevo sentire dolore e questi, sempre con la massima gentilezza e con tanta sicurezza su ciò che andava a fare, mi rispose che non avrei sentito nulla. Infatti, per tutto il periodo dell’intervento ha  scambiato qualche parola con me ed alla fine mi  disse: “ Abbiamo fatto”. Incredulo ho risposto: “E’ impossibile, non ho sentito nulla”. Sempre con modi gentili, il Professore mi disse: “Guardi le faccio vedere il suo cuore come era prima dell’intervento e dopo  l’apertura  dell’arteria”. Tutto mi sembrava un sogno, il dolore stava scomparendo. Sono stato, successivamente, trasportato in Reparto di Terapia Intensiva ove vi sono rimasto per tre giorni. Il quarto giorno, terminata l’emergenza,sono passato in altra camera. Qui, durante questi giorni, ho avuto modo di vedere altri medici che espletavano il proprio lavoro con professionalità e modi gentili e garbati, unitamente a tutto il personale infermieristico. Il 3 novembre 2014 sono stato dimesso e oggi mi sento bene anche se per la completa guarigione ci vorrà del tempo. Ho voluto raccontare questa mia esperienza nella Sanità Molisana, perché  si è solito parlare della “malasanità”, specialmente nel meridione. Io invece, in questa mia breve esperienza devo dire, fatta eccezione per quanto accadutomi al pronto soccorso di Venafro, ho incontrato persone preparate professionalmente, umane, gentili e sempre disponibili a chiarire qualsiasi dubbio. Mille grazie a tutti: medici e infermieri del pronto soccorso di Isernia, dei reparti di cardiologia di Isernia e  di Campobasso, ma un grazie particolare va  al mio “salvatore”, Prof. Francesco Versaci, eccellenza della sanità molisana e non solo.  Al direttore generale chiedo di adoperarsi affinché  la sanità molisana non venga mai privata di questi professionisti che, con la loro alta professionalità , cordialità,  umanità, semplicità e disponibilità fanno onore alla sanità del nostro paese. Non sento, invece, il dovere di ringraziare il pronto soccorso di Venafro, e solo in ragione del fatto che successivamente ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno salvato la vita, evito di denunciare l’accaduto alla Procura della Repubblica.

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