VENAFRO – Non accennano a placarsi le polemiche per l’abbattimento di un pino secolare nel piazzale del convento di San Nicandro. Ce ne riferisce il collega Tonino Atella:
Centocinquant’anni ed oltre per crescere e vegetare sfiorando i 20 metri di altezza, pochi giorni per decretarne la morte con un’azione congiunta, mezza giornata per abbatterlo, nelle prossime settimane invernali pochi minuti per metterlo al fuoco e farlo scomparire dalla circolazione ! In estrema e cruda sintesi la sorte -maledetta- dell’ultra 150enne (lo attestano stampe e disegni d’epoca) pino mediterraneo che sino alla scorsa settimana svettava imperioso e magnifico sul piazzale della Basilica di San Nicandro assieme ad altri due della stessa specie (speriamo che stessa sorte non tocchi a breve anche a loro … !) e che menti umane hanno abbattuto in men che non si dica, asserendo di sua pericolosità, di proprietà privata ed assurdità simili. Una vicenda, diciamola tutta, che ha provocato nell’opinione pubblica cittadina -non nella totalità, perché ci sono sempre coloro ai quali non interessa un bel niente di quel che accade fuori di casa, purché le cose loro vadano a gonfie vele, alias i menefreghisti o gli ignavi se preferite – nell’opinione pubblica cittadina, si diceva, tanto sconcerto, amarezza, delusione, mortificazione, rabbia ed imbarazzo. Ed allora dato l’accaduto e la sua incidenza nell’opinione della gente, pensiamo non sia opportuno chiudere qui la faccenda, girare pagina e dimenticare, bensì è necessario approfondire per far luce piena sulla contestatissima vicenda. Una premessa, a modesto parere del cronista sostanziale, ma nella circostanza non soppesata nella maniera giusta : il sito religioso, affidato in custodia alla Famiglia Francescana da 550 anni con piena soddisfazione della popolazione venafrana e nel cui contesto è avvenuto l’abbattimento, avrebbe dovuto suggerire un atteggiamento in linea con la regola di San Francesco, il Santo d’Assisi che amava uomo, natura, alberi ed uccelli sopra ogni altra cosa e che mai ha torto un capello a chicchessia. Peccato. Non se n’è tenuto alcun conto ed il “povero” pino, ammirato anche da P. Pio nel suo breve soggiorno nel convento venafrano nel 1911, ci ha rimesso le penne ! Veniamo alla proprietà dei luoghi, questione alla base del tutto. E’ fuori dubbio che sono del Comune di Venafro, a cominciare dal piazzale e da quanto vi insiste. Del resto non può una custodia, o affidamento che si voglia, tramutarsi in proprietà, a meno che non si vogliano cambiare le regole del diritto ! La presupposta pericolosità dell’ultra 150tenario, data la sua inclinazione. Questa, l’inclinazione, è stata tale sin dai primi giorni di vita dell’albero ; lo attestano stampe e disegni datatissimi, ossia di 150 addietro. Non per questo può dirsi, a vista, che l‘albero è pericolante e può cadere. Del resto c’è un riscontro, sotto gli occhi di tutti, che dice esattamente il contrario, ossia che attesta la salute del nostro e la sua forza : sono le radici. Il fatto che stiano alzando l’asfalto del piazzale della Basilica conferma il vigore di pino e radici, la loro piena salute e quindi esattamente l’opposto delle tesi che hanno portato all’ abbattimento del “povero” albero. Altro punto centrale della “quaestio” : gli accertamenti. In casi del genere si procede con analisi, indagini ed accertamenti strumentali su tronco e radici, procedure in grado di dire con esattezza ed ufficialmente lo stato di salute della pianta. I provvedimenti/rimedi da assumere in casi del genere. Certo, anche l’ordinanza sindacale di abbattimento, ma come “extrema ratio”, quale soluzione estrema e senza ritorno, da mettere in atto solo se costretti dai citati accertamenti ed indagini strumentali. Altri rimedi plausibilissimi erano il transennamento dell’area, la potatura della chioma o anche l’ancoraggio del pino, se mossi dal “fuoco sacro” del pericolo imminente e comunque nelle more degli accertamenti di cui innanzi ; giammai però un’ordinanza sindacale sotto la spinta dell’emotività, che invece ha prevalso senza freno o tentennamento. Chiudiamo coi principali attori protagonisti della vicenda. Due su tutti : il Guardiano del Convento, il giovane termolese Fr. Antonello Gravante, ed il Sindaco di Venafro, Sorbo. Il religioso, convinto della pericolosità del pino, sin dal primo momento aveva chiesto interventi per addivenire all’abbattimento ; il primo cittadino di Venafro, lette le comunicazioni delle forze dell’ordine, ha firmato seduta stante l’ordinanza di abbattimento, lavandosene di fatto le mani (ricordate Pilato, implacabilmente condannato dalla storia ?), data la presupposta pericolosità. Nemmeno per un attimo gli ha sfiorato la mente di altri possibili passi ed adempimenti, tipo i predetti ancoraggio dell’albero e transennamento dell’area sottostante nelle more degli accertamenti strumentali che il Comune di Venafro avrebbe potuto e dovuto disporre, vista la spesa irrisoria (circa 200 euro). Niente di tutto ciò ! Abbattimento, senza indugi, e … “ chi s’è visto, s’è visto !” per dirla con espressione tipica. Si è fatto bene ? Si è fatto male ? Se crede, il lettore faccia sapere ; pubblicheremo ben volentieri.
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