COSTUME E SOCIETA’ – Giornata della Memoria, l’omaggio della maestra Rosaria Alterio all’eroina Irena Sendler

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COSTUME E SOCIETA’ – Questa pagina tratta dal libro di Marcela Serrano “Dieci Donne”, non ha bisogno di commenti. Sarebbero sempre inadeguati e perfino retorici. La storia di Irena non si esaurisce nella sua Polonia perché l’umanità diventata crimine efferato si è trasformata in lei in musica di eroismo: e come tale appartiene al mondo intero.

“[…]Si tratta di una donna polacca di nome Irena Sendler. Era nata nel 1910, nella periferia di Varsavia. Lavorava come operatrice sanitaria al Dipartimento per la Salute, quando Hitler occupò la Polonia. Quando i nazisti rinchiusero mezzo milione di ebrei nel ghetto, vietarono l’ingresso di alimenti e servizi medici, ma erano preoccupati per le malattie contagiose. Per questa ragione chiesero a Irena Sendler di controllare i focolai di tubercolosi all’interno del ghetto.

Tale incarico significò per lei la possibilità di entrare e uscire dal ghetto senza restrizioni. Approfittò di tale “privilegio” per salvare i bambini ebrei. Andò a parlare con i genitori, uno per uno. Chiese loro di consegnarle i bambini, così li avrebbe portati fuori di lì. Non fu facile convincerli. Irena era sicura che nessuno sarebbe sopravvissuto. Ma i genitori si aggrappavano alle illusioni più assurde pur di non separarsi dai figli. Quasi tutti finirono per cedere. Non soltanto per il rischio di venire sterminati. Ma per la fame e le malattie. E così, piano piano, ogni giorno si portava via un bambino. Li nascondeva nello zaino o in mezzo agli stracci sotto al mantello.

Ammaestrò un cane in modo che abbaiasse ogni volta che un tedesco si avvicinava. Così i nazisti sentivano i latrati del cane e non l’eventuale pianto del bambino. Viaggiava sul retro dell’ambulanza che l’accompagnava quotidianamente, con il suo cane e il suo carico clandestino, e oltrepassava i muri del ghetto. Sistemò questi bambini in diverse famiglie cristiane che si presero cura di loro. Ma non voleva che dimenticassero la loro vera identità. Annotò su un pezzo di carta ogni nome ebreo con il nuovo nome a fianco. Infilò i bigliettini dentro un barattolo di vetro. Lo sotterrò nel cortile di casa sua, sotto un melo.

Un giorno fu arrestata dalla Gestapo. Venne torturata brutalmente. A bastonate le spezzarono i piedi e le gambe. La picchiarono su tutto il corpo con mazze di legno. Venne dichiarata colpevole e organizzarono la sua esecuzione. Riuscì a fuggire, corrompendo una guardia. Visse in clandestinità sino alla fine della guerra. Tornata in libertà, subito si precipitò sotto al melo di casa sua. Disseppellì il barattolo con i nomi. Quasi tutti i genitori erano morti.

Trascorse la vecchiaia in un ospizio per anziani, dove una sopravvissuta si prendeva cura di lei. Una donna ebrea che aveva portato via dal ghetto quando aveva sei mesi. Dentro una cassetta per gli attrezzi, con il suo cane vicino. È morta poco tempo fa. Sono venuta a conoscenza di questa storia perché l’hanno candidata nel 2007 al Nobel per la Pace. Il suo rivale era Al Gore, che ha vinto. Ma chi se ne frega dei premi: Irena Sendler aveva dato la sua vita per migliaia di bambini che non conosceva neanche.” […]

A proposito delle sue varie onorificenze, Irena scrisse con molta umiltà in una lettera al Parlamento polacco: “Ogni bambino salvato col mio aiuto è la giustificazione della mia esistenza su questa terra, e non un titolo di gloria”.

Maestra Rosaria Alterio

Irena_Sendlerowa

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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