
Il primo progetto tecnico porta la data del settembre 1977. La Cassa per il Mezzogiorno finanziò l’avvio dei cantieri otto anni più tardi. Ma il dicembre dello stesso anno si fermarono i lavori. Cambiarono le norme sulle dighe e furono necessari adeguamenti. Ci vollero tre anni per riprogettare il tutto. Si riprese a scavare nel novembre 1990. Neanche il tempo di imbracciare gli arnesi e i lucchetti chiusero di nuovo i cancelli a causa di un contenzioso sull’impatto ambientale.
La struttura è stata ultimata nel 1997 ma per funzionare necessita di alcuni lavori di completamento. Con un decreto il Governo trasferisce 7,5 milioni di euro al Consorzio di bonifica per la cantierizzazione. Ma appena un anno dopo lo stesso Governo revoca il finanziamento e sposta quei soldi su altre opere pubbliche. Passano cinque anni e i 7,5 milioni di euro necessari per il completamento diventano 25. Li stanzia il CIPE (Comitato interministeriale per la Programmazione Economica). Sembra tutto risolto, si firma anche un protocollo d’intesa tra le regioni Abruzzo e Molise con il quale si disciplina la spartizione delle acque della diga per fini irrigui e industriali. Ma stavolta è la Corte dei Conti a bloccare tutto. Ricusa la delibera del Cipe perché «…non corredata dal parere dei competenti organi tecnici circa la eventuale attualità dei pareri già resi nel 1997 e 2000 nonché dall’esplicito riferimento al Protocollo d’Intesa intervenuto nel 2008 tra le Regioni Abruzzo e Molise circa la cantierabilità delle opere». In sostanza, secondo la Corte, ben 13 dei 25 milioni trasferiti dal CIPE sarebbero per opere che non è possibile avviare. Infatti vengono disposti approfondimenti tecnici.
Dopo un lungo periodo di stallo e alterne vicende burocratiche si decide comunque di inaugurare la diga il 4 aprile 2011 per festeggiare la conclusione della prima fase dei lavori. Inizia l’invaso ci circa 4 milioni e mezzo di metri cubi d’acqua , ossia un terzo della capienza massima, con la promessa di completare l’invaso entro maggio 2013. Che ovviamente resta solo una promessa.
Quasi provocatoriamente il sindaco di Chiauci, Domenico Di Pilla ha deciso di scrivere una lettera per festeggiare il trentennale dell’incompiuta. Il suo paesino contava cinquecento abitanti, tutti appesi alla speranza di sviluppo che la diga avrebbe portato. Oggi sono diventati 265. E continuano ad andare via. «Ci avevano promesso sviluppo agricolo, industriale, turistico in cambio dei terreni, delle foreste, delle case che abbiamo dovuto lasciare per fare spazio ai cantieri».
Secondo le stime ufficiali del ministero, ad oggi la diga è costata 124 milioni di euro. A cui si dovrebbero aggiungere ulteriori finanziamenti (circa 25 milioni di euro) per il completamento. Per Di Pilla il conto è molto più salato e sfiora i 200 milioni di euro. «L’integrazione dello schermo impermeabile è costato altri cinque milioni di euro, la difesa di sponda circa 3,5 milioni di euro, la casa di guardia altri 2 milioni di euro – elenca Olindo Sciarra, consigliere comunale e memoria storica della città -. E poi ci sono una serie di opere accessorie che sono state realizzate attorno alla diga in previsione dello sviluppo turistico».
Ci porta a vedere un «Baby park» realizzato dalla Provincia di Isernia per circa un milione di euro. C’è un parco giochi, un anfiteatro, campi di calcio, basket e perfino un eliporto. Tutto abbandonato. Perché lo scenario doveva essere quello di un lago artificiale. Mentre tutto attorno è solo desolazione. La stessa strada che facciamo per raggiungere il parco è uno sterrato pieno di voragini. «Rientra nelle cosiddette ‘opere compensative’ che ci erano state promesse. Ancora oggi, se qualcuno vuole passare da una sponda all’altra della diga è costretto a percorrere questo viottolo».
Di tutto l’indotto turistico sbandierato alla posa della prima pietra qui non c’è traccia. Anzi, quel poco di turismo che c’era è sparito. «Avevamo una bella cascata alta sessanta metri che d’estate attirava molte famiglie – ricorda il primo cittadino Di Pilla -. Lo sbarramento del fiume Trigno ha determinato la scomparsa della cascata, sostituita da una conca artificiale quasi sempre senz’acqua». E senz’acqua è anche il nuovissimo impianto costruito per irrigare la piana di San Salvo e Montenero di Bisaccia. Finché la diga resterà un’incompiuta, le condotte saranno a secco. Poco distante c’è un cavalcavia che sovrasta un altro ponte in pietra: «Questo più in alto fu costruito perché l’acqua dovrebbe salire fino a sommergere il vecchio ponte di pietra. Allo stato dei fatti uno dei due è inutile».
A Roma c’è la Direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche. Abbiamo cercato chiarimenti ma non ci hanno ricevuto. Le email inviate, ignorate. Sul sito internet del Consorzio di Bonifica Sud-Vasto si legge solo che «i lavori per la diga sono iniziati nel 1985 e sono stati ultimati nel 1997». Nemmeno un cenno alle opere che impediscono il funzionamento a pieno regime dell’impianto, tra cui un lago a Pescolanciano, una strada circumlacuale, la messa in sicurezza delle infrastrutture di valle e la sistemazione di un ammasso roccioso che ha mostrato i primi cedimenti.
L’inchiesta del Corriere della Sera, guarda il video: http://video.corriere.it/quasi-secolo-124-milioni-euro-ma-diga-chiauci-in-molise-ancora-non-c-e/bc225252-ffea-11e5-8c9c-128b0570e861
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