CORONAVIRUS – L’ex direttore amministrativo contesta la gestione dell’emergenza

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VENAFRO – “Difficile fidarsi delle istituzioni se le stesse non sanno parlare chiaro in tempi e termini di emergenza da covid 19”. Ad affermarlo è la dott.ssa Gianfranca Testa, già Direttore Amministrativo dell’Asrem.

Della Dott.ssa Gianfranca Testa, già Direttore Amministrativo dell’Asrem, l’Azienda Sanitaria della Regione Molise, ospitiamo il proprio punto di vista sulla delicatezza del momento dell’emergenza da covid 19 e sulle decisioni ed iniziative politico/aziendali che si sarebbero potuto e dovuto assumere per arginare l’emergenza prevenendo pericoli e minacce di contagi : “La situazione epidemiologica emergenziale -prende a dire la Dott.ssa Testa- richiede coordinazione, ordine, rispetto delle misure di prevenzione, profilassi, trattamento, contrasto e contenimento da parte da parte di tutti. Nell’incerto terreno dell’emergenza l’ordinamento giuridico italiano è correttamente predisposto a fornire ai poteri dello Stato strumenti adeguati. Tuttavia in alcune realtà regionali è la qualità degli attori a determinare l’adeguatezza delle scelte non sempre rispondenti alle esigenze di protezione dei cittadini. Il Molise ha avuto vantaggio, rispetto alle altre regioni, in termini di tempo prezioso per organizzare un piano d’ intervento, nel rispetto dei decreti varati dal Governo e delle circolari del Ministero della Sanità,che avrebbe dovuto tendere a: -identificare le strutture da dedicare in via esclusiva al ricovero e all’assistenza dei pazienti covid 19 , con disponibilità di specialisti in malattie infettive, rianimatori, terapie intensive; -identificare le strutture da riservare all’emergenza ospedaliera non covid per patologie complesse tempodipendenti;

-identificare strutture non dedicate ai pazienti covid 19 o alla emergenza ospedaliera cui destinare i pazienti ricoverati necessitanti di assistenza ordinaria al fine di evitare pericolose infezioni nosocomiali; -intervenire presso le RSA, le case di riposo, i centri di riabilitazione extraospedaliera per accertarne le condizioni di effettiva tutela sociale sanitaria degli ospiti presenti e garantirne, per la loro vulnerabilità, condizioni efficaci di protezione sanitaria.

Era indispensabile da subito assicurare la massima tutela del personale medico e sanitario e non sanitario, in tutte le strutture pubbliche e private sanitarie e sociosanitarie, dotando tutti di dispositivi di protezione individuale ed effettuando indagini mirate a valutare l’eventuale positività. Ogni intervento, ogni azione, ogni decisione andavano assunti nel rispetto della dignità dei malati e a protezione della collettività, evitando improvvisazione, confusione, presunzione e supponenza. Nondimeno i cittadini dovevano, con immediatezza, essere resi consapevoli del significato del momento storico che si sta vivendo e del senso delle scelte che sono state assunte, in particolare di quelle che interessano la libertà delle persone, attraverso una informazione precisa, puntuale e diffusa, senza lasciare adito a interpretazioni o comportamenti non sempre corretti. Il virus Covid-19 ci pone di fronte a qualcosa di epocale: la massima espansione del diritto alla libertà personale è in contraddizione con il diritto alla vita. Così stabilita la necessità di favorire la prevalenza della salute pubblica e, ancora di più, della sopravvivenza della cittadinanza, la libertà personale deve tollerare la ragionevole limitazione, nell’ interesse del singolo cittadino e per quelli dell’intera collettività. Sindaci e Presidenti di Regione hanno il potere di intervenire per integrare le misure del governo, per mezzo di ordinanze di necessità ed urgenza. Da ogni decisione assunta discendono conseguenze di immane portata per la vita, innanzitutto quella fisica, dei singoli cittadini, perché le decisioni e le scelte condizioneranno anche il futuro della nostra comunità. Sta però diventando difficile fidarsi delle Istituzioni se le stesse non sanno parlare chiaro. Tanto più in un clima emergenziale ove la correttezza, l’accessibilità e la responsabilità delle informazioni fornite influenzano l’agire e la sicurezza di tutti, un sistema che abdica al canone della chiarezza e ingenera nella popolazione incertezza, smarrimento e sfiducia rispetto ad un modus operandi poco trasparente. Ne deriva il collaterale effetto di incrementare confusione e paure e, nei casi più gravi, il rischio di agevolare la dinamica del contagio anziché contrastarla, allungandone i tempi. Una siffatta situazione drammaticamente complessa minaccia di tradursi in una sorta di “autogestione” che genera incertezza sulle regole cui occorre conformarsi, paura di doversi sottoporre a cure ospedaliere in strutture volutamente organizzate in modo ibrido. Lo stato di confusione che aleggia è dovuto non solo a leggi prima annunciate e poi scritte o ad autocertificazioni che non smettono di cambiare, ma altresì a prescrizioni dai confini applicativi evanescenti, alla poca chiarezza sulle modalità attuali per la fruizione dei servizi preposti all’attività ordinaria ambulatoriale e di ricovero, molti dei quali sospesi, senza che il cittadino possa avere la possibilità di fruirne presso strutture dedicate”.

Tonino Atella

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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