CAMPOBASSO – Viabilità in Molise è una condizione indispensabile per evitare l’emigrazione dal Molise.
Ne è convinto l’Osservatorio sulla mobilità che così affronta il problema “A pochi giorni dalle elezioni emerge ancora una visione antica del Molise lontana dalle opportunità. Siamo entrati nel pieno della campagna elettorale molisana, l’ultimo miglio è ormai vicino e si susseguono le interviste ai pretendenti ad un posto nel consiglio regionale.
Come è giusto che sia, tra i temi affrontati prevalgono tre argomenti: sanità, lavoro, infrastrutture.
Se per la sanità l’indebitamento regionale è il tema principe della discussione, il lavoro assume sfumature
molto diverse a seconda dei candidati.
Industria, agricoltura, economie green e turismo trovano degni rappresentanti provenienti da tante
esperienze differenti e da ogni paese del Molise, ma quando il dibattito tocca il tema delle infrastrutture
domina sugli altri un sogno ripetuto come un mantra: AUTOSTRADA.
Questo miraggio in asfalto e guard-rail rappresenta per il politico navigato la panacea di tutti i mali per la
regione più giovane d’Italia nata però da una pianificazione fatta di simbolismi antichi e non di strumenti
innovativi.
Mentre in Molise qualcuno si ostina a spacciare una semplice aviosuperficie per un aeroporto, il quadro
nazionale racconta di una rete ferroviaria ad alta velocità che ha stravinto ogni duello con i collegamenti
aerei da 60 minuti o poco più, cioè il tempo medio di un volo da Napoli a Torino, con un picco di passeggeri
per le relazioni ferroviarie tra Roma e Milano.
Un modello non solo vincente, ma addirittura esportato in Spagna dove l’Alta Velocità Trenitalia è attiva
con il marchio Iryo e in Francia, con tratte tra Milano e Parigi.
Collegamenti da città a città che permettono di lavorare e restare sempre connessi per cui le
amministrazioni si sbracciano pur di inserire le proprie stazioni nei contratti di servizio anche solo
stagionali. Intanto si susseguono sull’intero territorio nazionale gli investimenti per la riapertura delle
cosiddette “ferrovie minori”, che minori non sono, al fine di ripristinare le gerarchie dei collegamenti su
ferro verso gli assi AV.
Linee spesso dismesse da decenni, in alcuni casi addirittura prive di binari e che per colpa della nefasta
teoria dei “rami secchi” promossa da FS a partire dal 2010 hanno visto il dominio immotivato del trasporto
su gomma.
Spacciato come una soluzione moderna, nel corso degli anni l’autobus si è rivelato un servizio inefficiente
che, prendendo in prestito il titolo del bellissimo libro di Paolo Rumiz, ha consolidato una condizione
deficitaria per la cosiddetta “Italia in seconda classe”.
Un Paese interno e spesso anche montano in cui si viaggia a giorni alterni o dove non è più possibile
muoversi se non con mezzi propri, argomento che trova sponda in altro dato su cui riflettere: secondo un
report ACI di qualche anno fa, il Molise è la regione italiana in cui i giovani si iscrivono prima ad una
autoscuola per il conseguimento della patente, ma è anche una delle regioni con il parco auto più vecchio
rispetto alla media italiana.
Facendo la somma con le condizioni della viabilità regionale di ogni ordine e grado è facile comprendere a
quali rischi possono essere soggetti i molisani, in particolare i più giovani e meno temprati da anni di guida
in condizioni rese ancora più complesse dal meteo tipico delle aree interne.
Ricordiamo infatti che il Molise, fatto salvo per la manciata di chilometri costieri, è prevalentemente una
regione interna in cui oltre il 90% dei Comuni ha una popolazione inferiore a 5.000 abitanti costretta quindi
a spostarsi per accedere ai servizi più basilari.
Mentre le nazioni evolute convergono su di un modello intermodale in cui la cosiddetta “cura del ferro” si
posiziona all’apice delle scelte, i candidati molisani confondono ancora la viabilità con la mobilità.
I due termini non sono sinonimi, ma l’uso improprio durante le tribune politiche permette di comprendere
quanto sia debole la pianificazione del Molise prossimo futuro che troppi candidati hanno in mente: una
regione abitata da (pochi) molisani che devono obbligatoriamente provvedere agli spostamenti in base alle
proprie possibilità economiche.
Nasce spontanea una riflessione: chi non potrà permetterselo?
La risposta è semplice: rimarrà a casa, probabilmente non lavorerà, quasi sicuramente non potrà
continuare a studiare.
Oppure emigrerà laddove ci sono servizi e trasporti, ma la qualità della vita è spesso inferiore a fronte di
una spesa per il quotidiano nettamente più alta.
Il PNRR ci consegna dotazioni finanziarie importanti a fronte di una veloce capacità di spesa che mal si
concilia con un’opera utopistica come l’autostrada del Molise.
Ad essere ottimisti, questa infrastruttura potrà concretizzarsi tra circa 15 o 20 anni da oggi, ma il Molise e i
molisani non avranno tanto tempo per salvarsi da un progressivo dissanguamento demografico che
distrugge ogni forma di welfare calibrato esclusivamente su numeri e percentuali.
Inoltre, un asse autostradale distrarrebbe l’intera dotazione finanziaria per la viabilità regionale
condannando la rete stradale odierna ad un veloce e drammatico oblio. Eppure, da oltre venti anni si
susseguono “proclami autostradali” e “governi amici”, ma l’autostrada del Molise è sempre stata stralciata
dalle opere strategiche, perché tale non è.
Invece, con la stessa logica che sta guidando le scelte di numerose regioni italiane, il Molise potrebbe
investire le risorse PNRR per nuovi contratti di servizio ferroviario in grado di riconnettere immediatamente
le aree interne con due dorsali AV Pescara e Napoli ed i relativi aeroporti internazionali dotati di un vero
traffico aereo ben diverso da quello del Gino Lisa di Foggia, due atenei di livello che permetterebbero agli
studenti di non perdere un rapporto settimanale con la propria terra. Potrebbe farlo riaprendo al servizio
ordinario la linea con il più alto tasso di presenze turistiche in Italia, la Sulmona-Isernia, già perfettamente
funzionante e vanto di Fondazione Fs.
Uno strumento utile al turismo ed al rilancio dei territori inseriti nella Strategia Nazionale Aree Interne di
Abruzzo, Molise e Campania attraverso un nuovo piano del tpl che riaprirebbe le stazioni come modelli di
intermodalità, anche sostenibile.
E poi la riapertura della linea Campobasso-Benevento, riconnettendo un intero quadrante molisano al
capoluogo regionale, incluse scuole ed ospedali, riavvicinando il Molise ad un ulteriore stazione AV lungo la
dorsale Napoli-Bari.
Senza dimenticare gli investimenti già previsti per l’ammodernamento della linea Termoli-Campobasso,
importante strumento di ricucitura con Larino diversi centri lungo la linea, ad esempio.
L’apertura verso l’Adriatico non può certo essere preclusa per un piccolo smottamento, anche a fronte di
un necessario intervento di ammodernamento alla ss647 del Biferno che aumenterà ulteriormente i tempi
di viaggio in auto.
Allo stesso modo, è inutile citare la cosiddetta “metropolitana del Molise” per annullare ogni dibattito sugli
investimenti per la mobilità ferroviaria. I molisani hanno già vissuto sulla loro pelle lo scotto
dell’immobilismo che li ha condannati ad un’era di chiusure e abbandono del patrimonio.
Mentre l’autostrada diverrebbe un banale corridoio di transito attraverso il Molise, la costruzione di un
modello di mobilità e di intermodalità ricostruirebbe le basi per una regione in cui la viabilità locale può
essere adeguata alle necessità anche grazie alla capacità di spostare buona parte del traffico quotidiano su
di un attento modello di mobilità su ferro.
Anche le linee di trasporto su gomma tornerebbero ad avere una propria centralità grazie a tragitti ad
offerta rigida e flessibile grazie all’introduzione di modelli a chiamata.
Al contrario di ciò che da tempo si racconta ai molisani, muoversi in auto non vuol dire essere indipendenti
se rappresenta l’unica soluzione possibile.
Proprio per questo è importante che i candidati abbiano ben chiara la differenza tra mobilità, vale a dire il
diritto di potersi spostare per le ragioni più disparate, e la viabilità, troppo spesso legata ad una concezione
automobilistica.
Solo con una mobilità più accessibile, cioè più vicina ai molisani e fruibile da tutte le categorie di persone,
potremmo davvero introdurre un’arma capace di contrastare l’emigrazione.
Partire per fare ritorno, questa è l’unica carta per il Molise.
Muoversi quotidianamente potendo contare su servizi efficienti e costanti che possano aiutare a contenere
i costi legati alla mobilità individuale, ricostruire un modello di intermodalità smantellato nel corso di un
decennio rigenerando opportunità di vita in contesti dall’altissimo potenziale in cui è necessario instillare
nuova fiducia ed entusiasmo, non solo campanilismo sterile.
È necessario spiegare alle persone con realismo e concretezza gli argomenti complessi, anche a costo di
doversi scontrare con il populismo e la demagogia più radicale. Solo così il Molise ed i molisani torneranno
ad avere consapevolezza del proprio potenziale.
Questo deve fare il nuovo modello della mobilità regionale affinché il Molise sia nuovamente vicino ai
sistemi economici nazionali anche dopo la campagna elettorale, a prescindere dalle stagioni che
attraverserà il governo nazionale ed europeo.”
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