
VENAFRO – Una manifestazione coinvolgente quella de “La Notte dei Fuochi”, che ha messo insieme tradizione, cultura, divertimento e promozione turistica.
Cronaca di un successo annunciato, così si potrebbe definire l’evento che sabato 23 marzo ha restituito vitalità al centro storico e a tutta la piccola città. Così, parafrasando Márquez e giocando col titolo del suo famoso romanzo, perché l’entusiasmo che ha serpeggiato tra i vicoli e i decumani sembrerebbe quasi appartenere al gioco fantasioso di un vecchio letterato o di un poeta che si lascia guidare dall’incanto scaturente dall’energia delle tantissime persone e delle numerose associazioni coinvolte in un unico obiettivo comune: restituire bellezza a quello che è il punto nevralgico della piccola città e presentarla al meglio a tutti quei turisti che per curiosità o amore per l’arte son passati a visitarla per restarne in qualche modo stupiti. Com’è stato per un turista che trovatosi dinanzi la facciata della chiesa dell’Annunziata proponeva alla moglie di dare un’occhiata alla ‘chiesetta’. Diminutivo che deve aver sicuramente lasciato spazio invece, una volta trovatosi all’interno, ad una espressione di clamore e meraviglia.
Ben nove falò per nove piazze e quartieri a partire dal falò di San Sebastiano, del Mercato, R’L’ Scarrupat, di Cristo, dell’Annunziata, del Le Manganelle, de La Muntagnella, del Castello e R’L’ Priatorie e altri sei fuochi rionali che hanno dimostrato come si possa dare respiro alla tradizione assecondando anche virtù e necessità turistiche in modo tale da poter garantire la promozione del territorio al di là delle ricorrenze legate ad una data, ricorrenze che di fatto non vengono svilite, semmai potenziate e rese note al di là dei confini comunali.
I favore re San Gesèppe trovano ne La Notte dei Fuochi una loro rinnovata identità. È il segno dei tempi, che di certo non scalfisce i ricordi e le tradizioni più sentite anzi rende fruibile ad un pubblico più allargato ciò che appartiene al popolo della piccola città. Una realtà nuova che lungi dal voler essere divisiva rende fertile il terreno della condivisione senza porre l’accento su competizioni inutili e che continua ad ispirarsi e a ribadire la vecchia formula contenuta nel brano tratto dal libro ‘C’era una volta Venafro’ del giornalista Giovanni Atella proposto come momento culturale dal Falò dell’Annunziata curato dall’Associazione Venus Verticordia. Quell’ augurio che veniva espresso quando “la brace cedeva il posto alla cenere. Nelle piazze tornava il silenzio e la quiete. Tutti si lasciavano con il tradizionale Mèglie a tiémpe, a chi c’arrìva.”
Federica Passarelli
Foto di Giustino Guarini:
© RIPRODUZIONE RISERVATA